Cookie Policy Great Dixter il giardino allegro dai tanti colori - cakegardenproject

Great Dixter il giardino allegro dai tanti colori

Great Dixton è un giardino che mette allegria, tanta, troppa allegria. Sì è vero i giardini mettono tutti gioia, o almeno la maggior parte, ma Great Dixton fin dai primi passi dentro i suoi giardini mi ha messo in uno stato di felicità inspiegabile, e mano a mano che procedevo dentro questo paradiso, questa si trasformava in una silenziosa euforia.

La seconda tappa della mia giornata di visita a tre giardini, tra Kent e Sussex, prevedeva la visita a Great Dixton, il famoso giardino di Christopher Lloyd che io e le mie amiche dovevamo vedere dopo aver lasciato Sissinghurst e soprattutto, dopo quell’attimo lunghissimo e indimenticabile vissuto all’inizio della mattina in una stradina di campagna.

Questo giardino, questa moltitudine di fiori, colori, masse, esuberanze di fine estate, è riuscito a materializzare un enorme e morbido cuscino emotivo per gli eventi della giornata. Ha creato in sostanza, una sorta di pausa del tempo, ha sospeso con l’eccesso, l’esuberanza, il pieno, il tanto, il senso di vuoto e smarrimento provato qualche ora prima.

Il giardino si sa, può raccogliere, produrre, avvolgere, fino a far subire molti stati d’animo: melanconia, tristezza, pace o gioia, a volte anche irritazione o freddezza, curiosità o paura. È davvero difficile non provare alcun tipo di emozione dentro un giardino proprio perché tutto ciò che è legato alla natura, è profondamente legato a noi stessi. Ma non è soltanto la questione della natura, o meglio gli elementi di natura che ritroviamo in forme diverse dentro un giardino che producono un legame con la nostra vita. È soprattutto la capacità di trasmissione dei molteplici pensieri, sguardi, sentimenti e molto altro, che fa del giardino un media del nostro mondo migliore.

Oggi il giardino si è esteso di là del suo recinto tradizionale, quello che tutti conosciamo, diventando un luogo-mondo, un “giardino planetario”; è quella terra che guarda il suo limite cosmico e trasforma il giardino stesso in una “fabbrica di paesaggio” che “si presta ai giochi dell’ambiente, ma poiché contiene il sogno, reca in sé, oggi più che mai,  un progetto di società” come ci descrive il pensiero di Gilles Clément.

fonte: web
disegni del progetto di Edwin Lutyens – fonte: da web

Great Dixter è prima una dimora storica e poi un giardino, almeno nello spazio temporale della sua storia; la proprietà è menzionata fin dal 1220 ma la prima struttura, che risale al XV secolo, fu costruita da sir Thomas Etchingham.

fonte: web

Nel 1910 Nathaniel Lloyd, il padre di Christopher, comprò la casa medievale insieme a una serie di annessi agricoli alla proprietà e a oltre 180 ettari sui quali si coltivava il luppolo per la birra, una coltura importante per l’economia agricola nel Weald del Sussex orientale e del Kent.

immagini della residenza dopo la ristrutturazione – fonte: web

Per la ristrutturazione e l’ampliamento della casa Nathaniel Lloyd chiamò Edwin Lutyens, uno degli architetti dell’epoca, quel momento della prima età dell’architettura moderna in cui il movimento Arts and Crafts fa delle residenze di campagna e dei cottages, ossia dell’architettura domestica, il terreno su cui sperimentare e applicare elementi provenienti dal Medioevo e soprattutto dal gotico. Questa è l’epoca in cui l’architettura ha un pensiero organico,  è senso e struttura al tempo stesso, una riflessione che poteva diventare la risposta coerente ai temi posti dalla civiltà che entrava all’inizio del Novecento nel moderno.

Edwin Lutyens era poi amico e compagno di lavoro della regina dei giardini, Gertrude Jekyll, la quale diventò, a sua volta, amica della mamma di Christopher, ma che non fu mai interpellata per il giardino di là da divenire.

Alla casa furono invece aggiunte da Lutyens altre costruzioni, restaurati inoltre gli interni esistenti e ristrutturati gli annessi agricoli, sempre nello spirito Arts and Crafts. Per il giardino si pensò a una struttura a stanze nella quale costruire un racconto di spazi. La nuova casa fu ribattezzata nel 1912 con il nome di Great Dixter.

Probabilmente Lutyens disegnò il Sunk Garden, ma lasciò il giardino nelle mani dei proprietari che iniziarono la lunga sperimentazione del design con le piante.

Nel 1933 Nathaniel Lloyd morì e Great Dixter passò nelle mani della moglie Daisy che si occupò della proprietà, e soprattutto del giardino, insieme al suo più giovane figlio, Christopher, il vero protagonista di questa storia.

Madre di sei figli fu Daisy che iniziò alla botanica i figli e in particolare Christopher, portandoli a conoscere la flora spontanea dei campi della regione e sempre lei fu l’artefice dell’incontro di suo figlio minore con Gertrude Jekyll.

Daisy morì nel 1977 e la tenuta fu successivamente divisa tra i quattro figli sopravvissuti e una nipote, e in seguito Great Dixter passò esclusivamente a Christopher e alla nipote Olivia.

fonte immagine: www.greatdixter.co.uk

Da ora in poi il giardino sarà il “campo di battaglia” di colori, forme e associazioni botaniche di Christopher, Christo per gli amici, che diventerà anche uno dei maggiori scrittori e divulgatori del Novecento inglese del giardino e soprattutto del gardening. Tanti libri, moltissimi articoli scritti per spiegare, raccontare, far vedere i risultati del lavoro fatto a Great Dixter, una attività che trasformò Christopher in uno scrittore-giardiniere che si rivolgeva al popolo dei tanti aspiranti giardinieri inglesi del dopoguerra, i quali prendevano ispirazione dai suoi scritti per i loro piccoli e domestici Eden.

Christo inoltre conseguì un degree in Decorative Horticulture al Wye College di Londra, dove insegnò per alcuni anni fino al 1954.

E ora ecco il racconto della mia visita a Great Dixter. Mettetevi comodi, sarà un lungo racconto!

All’ingresso del giardino mi accoglie sulla sinistra un rettangolo di prato appena tagliato, racchiuso da una siepe alta di tasso e formata geometricamente; ci sono voluti dodici anni per far sì che le giovani piante diventassero una siepe compatta, impenetrabile, e al tempo stesso morbida per la sua forma tondeggiante, lo sfondo perfetto per il Meadow Garden. Sul perfetto prato spuntano inaspettatamente alcuni Verbascum lasciati come sentinelle, o memoria, di quello che ora non c’è, ossia una prateria fiorita.

É un piccolo fazzoletto verde la cui erba viene tagliata solo quando i fiori sono andati a seme, ossia in agosto e in autunno, uno spazio caro alla madre di Lloyd, che accoglie molte fioriture tra cui della Fritillaria, la Dactylorhiza fuchsii, una Orchidea selvatica, e i Narcisi selvatici.

Questo momento, in cui le praterie sono rasate, ha cambiato totalmente la mia percezione delle diverse parti del giardino, un aspetto temporale di non poco conto in quanto se il visitatore non è informato, questo vede e registra una immagine che dice altro rispetto alla composizione, all’effetto finale voluto. Dovrò ritornarci sicuramente, questa volta in un altro periodo, perché la mancanza di questi prati ha tolto alla mia visita uno degli elementi più importanti sia di lettura, sia del senso di un elemento della contemporaneità del giardino, elemento che proviene invece da un pensiero sul naturale degli inizi del Novecento.

Pochi passi e davanti a me c’è l’ingresso alla casa avvolto da due cuscini colorati di fiori ma, malgrado il punto focale accentuato, la mia attenzione si rivolge a una piccola bucatura della siepe alla mia destra: è l’ingresso alla prima stanza di Great, il Sunk Garden, spazio avvolto a sua volta dalla striscia del Barn Garden, entrambi opera di Lutyens e del padre di Christopher.

 

fonte: web

In origine questo spazio ribassato era un rettangolo di prato che durante la guerra fu trasformato in orto per il sostentamento della famiglia. Finita la guerra Nathaniel smantellò l’orto al grido “Ora possiamo giocare” e lo trasformò in un giardino con l’aiuto di Lutyens!

Il perimetro interno di questo spazio è il Barn Garden nel quale Lutyens piantò dei Ficus carica “Brunswick”, un fico molto ramificato e quindi decorativo. Questi alberi furono collocati soprattutto lungo il fienile che chiude il lato opposto all’ingresso del giardino.

 

Subito sono avvolta nel mio procedere dai tanti fiori di dalie e Canna indica insieme alle morbide e ondeggianti graminacee che sbarravano il mio andare, un moto continuamente interrotto da uno stato da “Alice del Paese delle meraviglie” che è stato davvero sorprendente e inatteso come reazione. Lo sguardo e anche il corpo trova una pausa nel centro della composizione, nel Sunk Garden, un rettangolo ribassato ricoperto da un pavimento di pietra di York che incastona una piscina ottagonale nella quale si specchia la moltitudine delle fioriture. Il salto di quota lungo il bordo accoglie poi dei sedili che invitano alla sosta e quindi alla pausa, a un intervallo nel quale riordinare tutti i sensi messi a dura prova dal “corpo a corpo” con questo giardino.

 

Oltrepassata la soglia del Sunk Garden si viene presi dalla ricerca dei famosi uccelli di topiaria, l’immagine più famosa di questo giardino. E allora si deve percorrere il lato della facciata della casa ed entrare nel Peacock Garden. Qui  diciotto pavoni topiari sono i guardiani di questo luogo. In verità un tempo questi uccelli dovevano essere dei fagiani o dei galli da combattimento, segno del carattere agreste di questi luoghi, ma oggi le lunghe code raccontano di uccelli degni del paradiso. Il giardino è quadripartito e recintato dalle alte siepi di tasso, ma la geometria non si legge per due motivi: uno strutturale, dovuto alla vegetazione che in modo morbido e ondulato lega alla base le forme di topiaria, una sorta di nastro soffice che un tempo era realizzato da cucini di lavanda, rimpiazzata, circa venti anni fa, da masse di Margherite Michaelmas o Aster novi-belgii, Iris e molto altro, che nel tempo è stato sostituito o integrato. L’altro motivo è la densità del planting che non da’ tregua all’occhio.

Una piccola apertura nella bellissima siepe ci fa entrare nell’High Garden, un altro spazio quadripartito alla moda degli orti edoardiani, con sentieri stretti e superfici fiorite che segnano la posizione degli alberi a spalliera. Qui sono coltivate molte piante e fiori destinate ad essere piantate in altre parti del giardino e anche per il lavoro di moltiplicazione in vivaio.

Da qui, sempre oltrepassando un varco nella siepe di Taxus baccata, e scesi alcuni scalini, si arriva all’ultima stanza di questo settore, l’Orchard Garden, quello che un tempo era un frutteto e che oggi invece accoglie tantissime fioriture, qui coltivate sempre per la propagazione.

Proseguo al di fuori del recinto di tasso e c’è l’orto, il Vegetable Garden, nel quale si coltivano le verdure per la cucina del ristorante di Great Dixter, verdure coltivate con metodi dell’agricoltura biologica e vendute anche al di fuori della proprietà.

Da qui, sempre oltrepassando una apertura nella siepe di Taxus baccata e scesi alcuni scalini si arriva all’ultima stanza di questo settore, l’Orchard Garden, quello che un tempo era un frutteto e che oggi invece accoglie tantissime fioriture qui coltivate per la propagazione.

Proseguo al di fuori del recinto di tasso c’è l’orto, il Vegetable Garden nel quale si coltivano le verdure per la cucina del ristorante di Great Dixter, verdure coltivate con metodi di agricoltura biologica e vendute al di fuori della proprietà.

Queste verdure e i piatti realizzati con esse hanno ultimamente costruito un libro di ricette pubblicato nel 2017 con il titolo di The Great Dixter, cookbook di Aarin Berteisen.

Insieme alle file ordinate di insalate, trovano posto delle gabbie alte che racchiudono la coltivazione dei rovi di frutti di bosco. Proseguendo sempre il sentiero, si arriva finalmente a un ampio prato, questa volta ancora non tagliato, nel quale trovano spazio bellissimi cumuli di sfalcio nel quale si arrampicano giardinieri con i forconi e salgono colorati i fiori delle rampicanti annuali insieme alle zucche.

È qui che trova nuova vita, nuova linfa il giardino, proprio qui, partendo dall’amore per le praterie naturali di Daisy Lloyd, ed è qui che Christopher ha dato origine nel 1997, insieme all’ultimo “erede giardiniere” di Great Dixter, Fergus Garret, (capo giardiniere formatosi sotto la sua guida per oltre vent’anni)  a un’area naturalistica, un mosaico di habitat riproposti come forma tradizionale di gestione del terreno. Per mantenere bassi i livelli di fertilità del terreno, queste porzioni di prateria sono falciate al massimo ogni due anni. Questo permette ai fiori selvatici meno forti di diffondersi senza entrare troppo in competizione con altri elementi non endemici. Il risultato è un ambiente naturale riprodotto in piccola scala dentro un giardino.

Ritorno sui miei passi e arrivo sul lato est della casa, quasi a ridosso, in un piccolo spazio chiamato Cat garden, che in realtà è un prato umido con un bellissimo cespuglio di Ceanothu ‘Puget Blue’ che pone l’accento all’edificio, lo sottolinea, e una Tamerice, una Tamarix tetranda la cui chioma ondeggia sul prato.

Da qui si arriva al Long Border, una lunga striscia fiorita nella quale dominavano un tempo due Gelsi posti ai lati della scalinata semicircolare, uno dei quali tolto dopo il suo danneggiamento causato dalla famosa tempesta del 1987, albero non più sostituito. Questa fascia è una bordura che ha una lunga fioritura che inizia ad aprile e ha il suo apice da metà giugno a metà agosto, prolungando anche fino a ottobre.

Più che una linea geometrica è una vera e propria esplosione di colori, un caleidoscopio fiorifero, un “arazzo dalla stretta trama” nel quale, come dice il suo autore, da maggio non vedere neanche un centimetro di terra nuda.

La Verbena bonariensis e il Verbascum hanno qui il compito di rendere la composizione “spettinata”, più esuberante, anche se, a dire il vero, l’esuberanza pensata da Lloyd in questo planting non ha poi così bisogno di essere incoraggiata.

Davanti a questo condensato cromatico si estende il frutteto nel quale meli, peri, Prunus e biancospini ondeggiano su un prato di crochi, orchidee, e narcisi e da tante altre fioriture avvolte da alti fili d’erba.

Non è però il frutteto che desta la mia curiosità ma un piccolo groviglio di enormi foglie che svettano al bordo del frutteto. Si tratta dell’Exotic Garden, luogo racchiuso e protetto per i Musa basjoo, il Banano giapponese che, insieme a bellissime Dalie e Canne piantate in modo serrato, riproducono quasi una piccola jungla.

Qui Lutyens aveva invece progettato un roseto formale, ma il luogo non era adatto alle rose che si ammalavano continuamente finché Lloyd, stanco delle loro continue malattie, le sostituì con una flora più adatta a questo particolare e differente microclima.

A memoria del roseto alcune rose sono state piantate nei punti d’ingresso a questo giardino.

Sul lato dell’Exotic Garden un lungo edificio, un tempo destinato a stalla per il bestiame, introduce al Topiary Lawn, un prato che ahimè ho visto anche questo rasato, nel quale svettano delle forme plastiche di tasso. La maggior parte dell’anno queste forme sono completamente avvolte dall’erba alta e dalla fioritura dei molti semi che arrivano qui con i venti del sud-ovest.

Immagino allora queste sculture verdi galleggiare, quasi ondeggiare su una superficie spettinata, disordinata.

Nel 2012 è stato istituito il Great Dixter Biodiversity Commitee che studia piani di sviluppo sostenibile per i diversi habitat del giardino continuando anche quel rapporto d’insegnamento che Lloyd aveva sempre tenuto con i suoi giardinieri, non ultimo Fergus che approdò qui tanti anni fa. Oggi Great Dixetr accoglie stagisti e aspiranti giardinieri da tutto il mondo nello spirito di insegnare sul campo, ma anche di sperimentare continuamente forme di giardinaggio, piante, tecniche e progettazione. Gi schemi di piantagione oggi non sono ripetuti come un tempo, non sono visioni fisse da riprodurre fedelmente e l’avvicendarsi di tanti giardinieri fa sì che questi cambiamenti si trasformano in un modus operandi.

Questo giardino confina con il Vivaio nel quale i visitatori possono acquistare piante e semi e dove mangiare una fetta di torta dolce o salata, sorseggiando del tè. È qui inoltre, che si riuniscono i giardinieri e i volontari che lavorano nel giardino.

Una particolarità. Lloyd ci teneva a non etichettare le piante e questo perché detestava vedere le etichette, diceva che gli faceva “cimitero” ma anche perché il suo è un giardino privato, non un orto botanico. E poi oltre a essere un costo, le etichette fanno perdere tempo prezioso, tempo che comunque sarebbe stato perso per le inevitabili risposte alle domande di chi sta davanti al cartellino e comunque ti chiede che fiore è quello … E poi racconta dei souvenirs in cui si trasformano queste etichette, o del fatto che se in un bordura le metti vicino alle piante, le persone si “tuffano” dentro le aiuole, e così calpestano le piante poste davanti per andare a leggere il cartellino, oppure fanno confusione nell’individuare la pianta se per questo motivo i cartellini sono messi davanti alla composizione. Insomma, Lloyd si scusa ma niente etichette nel suo giardino.

Ritornando sui miei passi arrivo all’Upper Moat, anticamente un fossato prosciugato e trasformato dalla mamma di Lloyd nel “Giardino di Botticelli”, un’evocazione pittorica per i tanti fiori da prato umido che ricoprivano questo spazio.

Superato l’Upper Moat si entra nel piccolo Blue Garden, una stanza chiusa da una siepe di lecci con al centro una superficie ricoperta da un tappeto di Epimedium pinnatum subsp. colchicum nel quale svetta un contorto Malus floribunda, un magnifico melo.

Da qui si entra nell’ultima stanza giardino, il Wall Garden, sempre un rettangolo, un luogo che inspiegabilmente ospitava piccoli “vortici distruttivi”,  come li appellava Lloyd, un fenomeno strano visto che i muri perimetrali dovevano invece proteggere questo spazio dalle intemperie. Le piante crescevano male o non crescevano, per cui nel 1998 il prato fu sostituito d una pavimentazione di ciottoli, un pavimento progettato dall’amico di Lloyd, Miles Johnson che disegnò la sagoma di Dalia e Canna, i due bassotti mascotte di Great Dixter.

Ammirando questo pavimento non sapevo però una cosa. Le pietre nere che disegnano l’occhio e il naso di Canna provengono da un altro giardino del Kent, il Prospect Cottage, sassolini donati da Derek Jarman e che arrivavano quindi proprio dall’ultimo giardino che avrei dovuto visitare nella mia lunga e strana giornata. Ma questa è un’altra storia che vi racconterò nell’ultima puntata del mio viaggio di un giorno nel Kent.

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