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Paris est toujours Paris

Almeno una volta nella vita bisogna andare a Parigi durante il periodo delle feste di Natale. Meglio se prima, per farsi venire qualche idea per i regali o solamente per “annusare” un po’ di aria di festa che nella Ville Lumiere è particolarmente intensa. Luci, addobbi meravigliosi, vetrine piene di dolci, leccornie di ogni tipo, profumi e balocchi, insomma, il naso spiaccicato sulle vetrine del centro è inevitabile.

Bastano due giorni, quarantotto ore, guanti e cappello, la macchina fotografica, un maglione caldo e scarpe comode, una bag ultra leggera e il carnet di biglietti del Metrò.

Questo è il racconto delle mie quarantotto ore a Paris tra architeture nuove, pasticcerie e passeggiate.

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L’aereo atterra verso mezzogiorno ed io e la mia valigia da cabina (che ho difeso con i denti per non farla imbarcare) ce ne andiamo a prendere la Rer che mi porterà alla Gare du Nord, la stazione parigina più vicina al mio albergo. Dopo il passaggio in albergo (meglio dimenticarlo lui e il concierge praticamente pazzo) esco alla ricerca di un posto accogliente per il mio pranzo.

Camminando verso l’Operà mi imbatto in una graziosa enoteca con le ostriche di ogni grandezza in bella mostra e vini di ogni regione della Francia allineati negli alti scaffali. Bottiglie di Champagne poggiate sulle mensole e una macchina del caffè Illy mi dice che è il posto giusto e così seduta a uno di quei tavolini piccoli quanto quelli della casa delle bambole, mangio una quiche Lorraine strabuona sorseggiando un’acqua minerale perché sì, sono astemia e ho avuto problemi con le ostriche. Di fuori un fioraio colmo di alberi di Natale è il mio paesaggio festoso.

Finito il mio pranzo, vado a prendere la metropolitana per arrivare a rue de Rivoli e dirigermi verso l’Orangerie perché una delle mie mete del viaggio sono le ninfee di Monet. Non so’ quante volte sono stata a Parigi, ma ci sono alcune cose da turista che ancora non ho fatto perché mi sono sempre detta che avevo tempo, che alcune “attività” del classico turista saranno centellinate nella mia età avanzata, come passare due giorni al Louvre o salire sulla Tour Eiffel. A Parigi ho visto molto altro, cose da architetto, da paesaggista, da maniaco del design, insomma le mete classiche saranno un’occasione per i miei futuri viaggi a Parigi, quando non avrò altre priorità e il mio tempo non sarà più impegnato dalla smania di vedere le ultime realizzazioni della Cité Lumière.

L’anno scorso sono stata finalmente a Giverny, meta turistica che per noi paesaggisti fa storcere un po’ il naso per una serie di aspetti rigorosamente specialistici, per cui non vi tedierò sul perché il giardino non è particolarmente interessante per un paesaggista se non dal punto di vista artistico-storico. Le ninfee di Monet le ho quindi viste dal vivo galleggiare nel suo stagno e le fronde dei salici le ho viste riflettersi sulle superfici poco profonde del suo giardino acquatico. Mi mancavano quelle dipinte.

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Una fila “sostenibile” sul lato del piccolo edificio dell’Orangerie nei Giardini delle Tuileries ed entro in quel capolavoro che sono le due sale ovali nelle quali sono esposti i cicli delle ninfee di Monet. Una totale immersione dentro il piccolo stagno dipinto fa entrare gli occhi e la mente dentro i colori del grande pittore, dentro sfumature, riflessi, luci e matericità cromatica che galleggia in queste due sale immerse nella tanta luce bianca.

Uscita da questo “giardino” decido che la mia meta prima di cena sarà la boutique a Saint Germain des Prés del cioccolatiere Patrick Roger. Quest’uomo è un genio. Le sue sculture di cioccolata sono delle vere opere d’arte, la materia prima che lavora è eccezionale, i suoi punti di vendita sparsi per la città sono luoghi incantati nei quali la cioccolata è trattata come un elemento prezioso da desiderare. L’esperienza del mangiare un cioccolatino ripieno di Roger è indimenticabile ed è una delle cose da fare almeno una volta a Parigi al pari delle ninfee di Monet.

Si finisce il pomeriggio passeggiando per le stradine di Saint Germain des Prés per poi arrivare all’Île Saint Luis e terminare la giornata andando a mangiare in uno dei miei bistrot preferiti che si trova passando il Pont Luis Philippe.

Il giorno dopo sveglia presto, colazione veloce e si esce presto con direzione Parc de la Villette per vedere la nuova Operà di Jean Nouvel, l’ultimo edificio pubblico dentro quel parco ormai icona dei giardini pubblici contemporanei. L’edificio è fluido, le sue forme si avvolgono per forma e matericità in un turbante di riflessi delle tante scaglie metalliche che lo ricoprono. Intorno lo spazio pubblico circonda l’edificio seguendo in modo ascendente l’altezza dell’edificio. Un gioco di decorazioni con metamorfosi di Escher si modella sull’edificio e sui pavimenti senza soluzione di continuità.

La giornata è fredda ma il cielo è di un celeste carico, limpido, un fondale giusto per le foto di architettura e quindi perfetto per la prossima tappa, la Fondazione Luis Vuitton di Frank Gehry con i colori dei pannelli a forma di vele di Daniel Buren che ha trasformato l’edificio nell’installazione l’Observatoire de la lumière, opera che trova vita in un altro giardino, quello del Jardin d’Acclimatation. Un consiglio. Arrivate con il Metrò all’Arc de Triomphe e all’angolo dell’Avenue de Friedland potete prendere una navetta che la Fondazione mette a disposizione. È comodissima e con un euro vi risparmiate una camminata lunga per arrivare al museo.

Altro consiglio è quello di prenotare la visita perché la fila per entrare è quasi sempre interminabile. Se poi avete tempo una passeggiata dentro il giardino e un rapido brunch in uno dei tanti ristorantini all’interno del parco è un’altra esperienza da poter fare.

Riprendo la navetta che mi riporta all’Arc de Triomphe e la passeggiata si allunga sugli Champs Élysées resi pedonali durante le festività di Natale e Capodanno. Camminare con il naso all’insù per vedere tutte le splendide decorazioni dei negozi è inevitabile e si è talmente rapiti che la folla intorno a te quasi non esiste.

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Nell’ultimo tratto degli Champs, quello verso Place de la Concorde, c’è poi un mercatino di Natale tra i più grandi che abbia mai visto, e qui sì, la folla è davvero tanta, come anche invadenti sono i profumi delle tante bancarelle di dolciumi e vino caldo speziato che si susseguono ai banchetti dei piccoli artigiani o dei produttori di formaggi, mieli e altre golosità.

Arrivata alla Concorde faccio una visita alla mia piccola libreria preferita che si trova all’ingresso dei Jardins des Tuileries, una libreria dedicata solo al giardino che per me è una meta fissa dalla quale non posso sottrarmi.

Anche se mi dico ogni volta che non posso portarmi pesi in Italia perché posso comodamente comprarli con un click, è inevitabile, esco sempre di là anche solo con una rivista … è più forte di me!

Uscita quasi indenne dal mio piccolo mondo di carta giardinesco la prossima meta è un montblanc da Angelina a Rue de Rivoli. Anche qui fila interminabile per la sala da the per cui mi dirigo al bancone della pasticceria ed esco con una scatoletta ripiena di una bontà mondiale e con un fumante caffè.

paris angelina

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La giornata è sempre bella e camminando, camminando arrivo al Marais dove ci sono dei piccoli negozi di abbigliamento che mi piacciono e che non manco di visitare quando sono Parigi. Da lì poi come non immergersi nelle tante pasticcerie ebraiche di rue des Rosiers, mangiare un éclair con glassa alla mora di Adam o fermarsi in un vecchio bar ebraico dove sorseggiare un the e mangiare un dolcetto mieloso?

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In ogni viaggio poi ho un obbligo, quello di riportare una decorazione per il mio albero di natale, una mia piccola mania che mi porto da tanti anni e che nel tempo mi ha fatto collezionare cose davvero strane che ornano il mio albero che purtroppo è diventato piccolo per i molti addobbi accumulati. Quest’anno ho trovato delle palline geometriche realizzate in metallo che a vederle pensi che siamo proprio giuste per un architetto, dato anche il colore nero che in effetti spiccherebbe solo su un albero total white, cosa che non è il mio …

La giornata finisce in un ristorante a Place du Marchè Sainte-Catherine, un locale che negli anni è sempre una certezza di cose giuste, cucinate in modo semplice che non tradiscono le mie aspettative.

La mattina seguente, prima della partenza, che avverrà nel pomeriggio, è dedicata alla mia mania della pasticceria per cui dopo una colazione con un deblah enorme e mieloso all’inverosimile mi dirigo a Les Halles, o meglio al cantiere del nuovo giardino che sarà realizzato e che oggi è parzialmente aperto. Nulla di che, masse di cespugli ai bordi e prati all’interno delle aiole bordate da panche in pietra. Peccato, c’era stato un importante concorso per questo luogo e in effetti il progetto che vinse era forse quello più banale, più scontato; Parigi ci ha abituato a ben altro rispetto alla sperimentazione architettonica e degli spazi pubblici per cui questo nuovo intervento è un po’ deludente, almeno nelle parti finite e visibili.

il negozio della Lego a Les Halles

Ma da questo luogo parte rue de Montmartre, luogo magico per gli appassionati di cucina; Mora al numero 13, il tempio delle formine per i cioccolatini, stampi di silicone di ogni forma, utensili, materiali per decorazioni, insomma tutto quello che serve e anche di più per un laboratorio di pasticceria, insomma difficile uscire da Mora senza nulla, senza neppure una formina, un vasetto di perline colorate di zucchero, uno stampo di silicone.

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Poco più sopra, sul lato destro della strada al numero 36 c’è Bovida, altro indirizzo obbligatorio per gli amanti della cucina e dei suoi attrezzi. Qui le vetrine a tema natalizio sono meravigliose, un vero invito al paese dei “balocchi” per la cucina.

Al numero 48 c’è Simon e al 92 la Librairie Gourmande dalla quale non volevo più uscire. Due piani del meglio da tutto il mondo dell’editoria culinaria; lì volevo proprio che il mondo si dimenticasse di me almeno per 48 ore ma era tardi, dovevo pranzare e poi ritornare in albergo per prendere la valigia, schiaffare dentro tutto quello che avevo comprato, compreso due tomi di cucina, prendere la Rer e poi l’aereo per ritornare a casa. Purtroppo!

nota: le foto di questo post sono state scattate con iphone6

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