Freddo, pioggia, tanta pioggia e nervosismo. E allora faccio una pavlova che mi costringe a spostare la mia attenzione, la mia concentrazione su questa massa chiara, morbida, così compatta e nello stesso tempo così fragile. Un dolce che illumina l’inverno e la mi tavola delle feste insieme al montblanc.
Poco importa se le fragole che ho utilizzato per la salsa non sono di stagione. Le avevo surgelate in tempi giusti e la loro fine poteva essere solo quella di una morbida salsa che accompagnava e colorava il bianco della meringa e della panna.
Io, la planetaria, gli ingredienti da mettere in ordinata sequenza e la calma di una serata piovosa che mi porta a incantarmi davanti alla nascita di questo dolce.
Vedere montare, addensarsi i bianchi d’uovo prima in una spuma e poi in massa bianca compatta e morbida al tempo stesso è un momento magico nel quale perdersi.
E poi prendi la spatola e su una teglia rivestita di cartaforno modelli questa morbidezza che mantiene i gesti che fai, le traiettorie della tua mano. Poi ancora il forno, la lunga cottura che deve essere silenziosamente seguita, perché se non si ha un forno professionale il bianco della meringa si scurisce in un attimo e il candore sparisce, lo zucchero si brucia.
E dopo circa 90 minuti, il tempo di una partita di calcio, la tua partita, la tua sfida è terminata. Ora si monta la panna, si trasformano le fragole in una salsa densa e rossa, si aspetta che queste soffici nuvole di zucchero si raffreddino.
E mentre stai riempiendo la profonda cavità del dolce con la panna (non zuccherata per carità) e decori con i frutti di bosco e la salsa di fragole realizzi che quella colata rossa sembra quella di un vulcano in eruzione e allora ti dici Questo lo devo fermare in uno scatto, e ti viene alla mente le eruzioni del Vesuvio di Andy Warhol, al momento nel quale con il cucchiaino rompi la meringa in tanti pezzetti, una esplosione nella quale la salsa rossa si mescola prendendo direzioni molteplici sul piatto da dessert.
La ricetta della pavlova la trovate qui.
