Con una giornata così bella, piena di una fitta pioggerellina umidiccia e persistente e un po’ di tempo a disposizione mi metto a fare un lesso. Si, avete capito bene, un lesso. Cucino altro oltre ai dolci ed affini, per cui oggi mi sacrifico e faccio un lesso che a me non piace molto ma qui in giro sì. E cos’è un lesso senza almeno una maionese fatta homemade? Ma ho sfidato la sorte e così munita del mio nuovo e meraviglioso, affascinante frullino, bello come Clooney, mi son messa a fare la maionese con le uova fredde di frigorifero … un’imprudenza, un’eresia, un’azione contro ogni buonsenso e soprattutto contro tutti i libri di cucina! Ma cosa bisogna fare se si cambiano i programmi all’ultimo momento? Si sfida la sorte, semplice. Non so’ come ho fatto, ma non è impazzita, si è montata, anzi mi è riuscita anche bella soda, GULP. Quello che si dice, la fortuna del principiante, mettiamola così … Il “giallo” della maionese ha così colorato questa giornata grigia insieme ad alcuni dischetti neri ed innocentemente golosi.
Come ho già detto, bisogna essere allergici alla cioccolata per non essere profondamente, visceralmente ed intimamente presi da questa universale dipendenza dolciaria che ci insegue dalla fanciullezza alla vecchiaia in tutti i momenti, belli o brutti, quando siamo felici o depressi. Ultimamente poi la mania di fare i cioccolatini è diventata dilagante soprattutto tra il genere maschile. L’anno scorso ho avuto la fortuna di andare a Parigi in una condizione eccezionale: potevo fare tutto ciò che volevo, programmare io dove andare, non ci sarebbero stati musi lunghi e discussioni, perché quel piccolo viaggio era per un mio compleanno speciale e quindi ero io che decidevo tutto. E siccome a Parigi ci vado spesso, l’anno scorso, per la sopraggiunta mania che mi ha sopraffatto, ho letteralmente perlustrato tutti i negozi di articoli per pasticceria presenti nella Ville Lumière. Tutti, a partire da rue de Montmartre. Un’esperienza! Ma non per quello che ho visto ma per ciò a cui ho assistito: orde di uomini di tutte le età che nei reparti di stampi per cioccolatini si litigavano, isterici, l’ultimo pezzo arrivato, l’ultima formina, l’ultimo termometro per il temperaggio. Se li strappavano dalle mani e ci è mancato poco che mi calpestassero mentre raccoglievo la sciarpa che mi era incautamente caduta sul pavimento. Sono uscita sbigottita ma per fortuna illesa. Stiamo quindi nel trip della cioccolata. E chi sono io per non cedere? Ho ceduto facilmente, ahimè e quindi mi son messa a fare i méndiants.
Il mio primo incontro con questi dischetti golosi è avvenuto anni fa quanto un’amica francese mi portò in dono una magica scatoletta di Puyricard, famoso cioccolatiere di Aix-en-Provence, una sorta di scrigno delle meraviglie. Allineati con cura maniacale, questi dischetti stavano lì dentro come tanti soldatini aspettando di rompere le fila ed essere estratti amorevolmente da noi. In bocca una sinfonia, la cioccolata che si rompeva delicatamente e si scioglieva, e poi il contrasto croccante delle mandorle che affogavano le loro scagliette dentro la morbidezza aromatizzata delle uvette. Non scrivo altro.
E’ una tradizione propria della Provence, questi piccoli medaglioni cioccolatosi/coccolatosi, preparati proprio per il periodo del Natale e uno dei protagonisti proprio della famosa lista dei 13 desserts di Noël che sono preparati per imbandire le tavole delle feste.
I méndiants si chiamano così perché la frutta secca che li decora, e più precisamente le nuances del marrone della mandorla, della nocciola, dell’uvetta e dei fichi secchi, sono le stesse degli abiti dei quattro ordini monastici o mendicanti: uvetta per i domenicani, la nocciola per gli agostiniani, i fichi per i francescani e la mandorla per carmelitani. Da qui méndiants, mendicanti. Di storie e leggende ce ne sono molte in giro, partendo dal libro della Harrison, Chocolat, ma a me piace quella degli ordini monastici.
La ricetta dei méndiants è semplice, veloce, basta un buon cioccolato amaro al 70% (ma si possono, anzi si devono fare anche con il cioccolato bianco e anche con quello al latte) e frutta secca. Per circa una trentina di méndiants ho utilizzato 300 gr di cioccolato fondente e della frutta secca, un po’, non l’ho pesata perché l’ho disposta davanti a me come una palette di acquarelli
ingredienti
fichi secchi tagliati a fettine sottili
mandorle e pistacchi passati prima al forno
uvetta ammollata nel rum
gherigli di noce
scagliette di mandorle
granella di zucchero alla violetta
fragole disidratate e candite
fior di sale
la lista potrebbe allungarsi con i pinoli, frutta candita, frantumi di altro cioccolato, arachidi ed altro.
L’operazione più importante è però il temperaggio della cioccolata. Credevo che fossimo tutti d’accordo circa la modalità di temperaggio, ma come al solito, maledico la mia ostinata curiosità di spulciare tante ricette e quindi mi ritrovo sul divano con un mucchio di procedimenti differenti, dai gradi alle successioni di lavorazione, dal bagnomaria al microonde, fino al piano di marmo (se si è fortunati di possederne uno) o in alternativa il temperaggio tutto in pentola.
Ero tentata di estrarre a sorte la ricettina del temperaggio ma per il mio proverbiale buon senso ho cercato di mediare (come al solito) e di adattare la ricetta all’assenza del piano di marmo per cui il mio temperaggio casalingo è stato il seguente:
procurarsi una musica di sottofondo. Io per coerenza ho preso il preludio e fuga in Do maggiore del clavicembalo ben temperato di J.S. Bach. Secondo me lo consiglia pure Santin, il black maïtre chocolatier
frantumare minuziosamente 300 gr di cioccolato
a bagnomaria mettere 2/3 del cioccolato e scioglierlo mescolando continuamente fino a far raggiungere allo squaglio i 55°C.
togliere il cioccolato dal fuoco e aggiungere il rimanete cioccolato.
far raffreddare lo squaglio fino a 27°C e poi rimetterlo a bagnomaria e riscaldarlo, mescolando, fino a 30°C.
Ora è pronto.
Su un foglio di cartaforno e con l’aiuto di un cucchiaino formare tanti dischetti e aspettare un po’ di tempo per far rapprendere il dischetto.
Dopo di ciò, decorare con tutta la frutta secca possibile. Qui la fantasia può uscire allo scoperto in tutto il suo splendore. Mentre decoravo stavo vedendo la trasmissione di Philippe Daverio sul Vittoriale, la casa immensa di Gabriele d‘Annunzio. Il simpatico critico attraversava tutte le infinite, meravigliose stanze-studio del poeta, piene di libri, oggetti, statue, in un meraviglioso ordine confusionale che definiva come “teatro dell’accumulo”. Ecco, quello che si può mettere sui méndiants si può proprio definire “teatro dell’accumulo”, una sorta di esposizione di tante bontà dalle diverse consistenze, un palcoscenico della frutta secca.
Far indurire il cioccolato prima di staccare i méndiants dalla cartaforno. Si conservano chiusi in una scatoletta, se ce la fanno ad arrivarci. Temperatura max per conservarli, 20°C