Sono una paesaggista e mi piace parlare e scrivere di giardini.
Perché i giardini in particolare?
Perché io penso, sono stamaledettamente convinta, che dobbiamo ripartire dai GIARDINI, da questi piccoli mondi artificiali costruiti e pensati dall’uomo perchè è proprio in questa realtà storica e contemporanea che si possono trovare gli elementi, i pensieri, le azioni e le condizioni per costruire eticamente il rapporto, l’alleanza più sostenibile con i Paesaggi, e più in generale con l’Ambiente.
E sono convinta anche che proprio per questo dobbiamo ricominciare a fare i giardini, a costruirli, perché il nostro paese, a parte la storia, ha oggi una drammatica mancanza di giardini contemporanei, giardini che rispecchiano oggi il nostro pensiero, la nostra società, giardini che ci aiutano a capire, ad immaginare, a stimolare la nostra intelligenza, a guardare la nostra cultura non dentro un display agonizzante ma dentro immagini vitali, in mutazione che ci accompagnano nella nostra crescita, nella nostra personale e sensibile evoluzione.
Pensare e fare giardini non è una attività facile, non è un pensiero lineare, un sentimento facilmente riconducibile a pochi “ingredienti”.
Il giardino è un pensiero articolato, così come lo è una ricetta, è il risultato di una serie di sinergie che lo tengono in vita anche dopo la sua nascita, è un “affare più complicato di quanto non avessimo sospettato al principio” (S. Pignatti) ma è anche e soprattutto la porta del nostro paradiso sulla terra, l’unico paradiso certo che abbiamo.
Tenterò, in modo semplice, di partire da un grado zero del giardino per costruire ragionamenti dentro i quali far affiorare sensibilità che noi tutti abbiamo ma che risultano confusi proprio da un modo tutto contemporaneo di sovraesposizione del comunicare. Non me ne vogliano i miei colleghi, gli esperti, gli appassionati che in questo ambiente si muovono più agevolmente e con più strumenti rispetto a me, ma questo spazio sarà un luogo anche didascalico, se mi passate il termine, un posto dove parlare di giardino in modo estremamente semplice, dove sicuramente emergerà il pensiero del progetto e di come è importante pensare il progetto e arrivare alla creatività.
Tutto qui. A voi il primo giardino …
Evolution Med di Maurizio Usai
Inauguro questa rubrica raccontandovi di un piccolo giardino, anzi per la verità una installazione, realizzato in occasione della undicesima manifestazione della Conserva della Neve al Parco dei Daini a Villa Borghese a Roma, evento che si svolge ogni anno nel secondo fine settimana di settembre.
Il life motive di quest’anno della bella manifestazione è stato quello della biodiversità vegetale e al centro fisico della manifestazione il giardino di Maurizio Usai ha perfettamente interpretato il cuore, il centro del tema.
Evolution Med è una piccola opera, un saggio esplicativo di come usare in senso armonico e misurato le piante care al clima mediterraneo, povero d’acqua e dalle elevate temperature.
L’approccio è quello del Xeriscaping (xeros + landscaping ossia asciutto, secco + paesaggio) un lavoro sinergico tra piante (xerofite o più precisamente termoxerofite) più adatte ad ambienti xerici e la gestione del terreno che le accoglie realizzando composizioni di sottostrati per evitare la perdita d’acqua per processi di evaporazione, filtrazione, erosione e dilavamento.
Questo significa che non è solo importante utilizzare piante adatte ad un modesto fabbisogno idrico, ma è altrettanto importante creare condizioni che aiutano il terreno a dare un giusto apporto e le piante a migliorare la loro statica condizione.
Insomma, un ragionamento chiaro.
Il giardino prototipo di Usai è proprio questo, un piccolo e bel saggio applicato di come fare e al contempo ci ricorda quanti, ma davvero quanti brutti giardini si realizzano utilizzando male le piante e avendo le idee confuse proprio sull’idea di giardino mediterraneo.
La forma di questa installazione ci ricorda quasi una sezione, un transetto lineare che ci racconta, in sequenza dinamica, una composizione che realizza l’immagine del paesaggio mediterraneo.
Nelle due estremità della sezione ci sono le due immagini risultanti dal lavoro dell’uomo, una dall’approccio totalmente sbagliato, frutto di un pensiero non solo banale sul giardino mediterraneo ma totalmente errato dal punto di vista compositivo, strutturale e soprattutto di senso, insomma una triste e riduttiva immagine di una visione quanto mai dozzinale e brutta che spesso incontriamo in tristi giardini privati, stereotipi di una bassa conoscenza di massa del giardino oggi.
La seconda estremità della linea è quella creata proprio dall’evoluzione e dell’uso appropriato e sapiente delle piante che Usai declina in composizioni di contrasti ed armonie.
Al centro del transetto il cuore, il motore, la forza generatrice del giardino secco mediterraneo, ossia il bosco di Leccio dove ritrovare insieme le componenti della macchia mediterranea nella composizione arboreo-arbustiva.
Nel bosco il tema principale è quello della luce e dell’ombra, una condizione importante anche per i giardini secchi mediterranei che vivono nell’ombra, che spesso dimentichiamo in quanto si pensa che il giardino mediterraneo sia solo quello assolato, accecante.
La bellezza di questo che io definisco un “saggio” di Usai sul giardino mediterraneo è nel lavoro degli accostamenti cromatici, di forme e trame che riesce a fare e che in modo esplicito e pieno di suggestioni ci regala, anche in modo generoso, nella sua descrizione compositiva piena di una sensibilità e conoscenza straordinaria.
L’installazione è stata realizzata anche grazie all’aiuto di alcuni vivaisti specializzati presenti nella mostra come Vivai Verde Ambiente e Torsanlorenzo Gruppo Florovivaistico.
Insomma questo piccolo giardino-prototipo mi è piaciuto e anche molto, e questo è un modo per pensare il giardino.
Le foto (le mie è la prima volta che le perdo misteriosamente) che illustrano questo post mi sono state gentilmente concesse da Lucio Pettine ma se siete curiosi ne potete vedere altre nella pagina di Maurizio Usai
https://www.facebook.com/LaPietraRossaGardenDesignLandscapeArchitecture
by Monica Sgandurra